Le Insidie delle Video Interviste di Selezione – parte 2

Nell’articolo precedente abbiamo visto alcuni motivi per cui , nella selezione del personale, il videocolloquio non permette di ottenere gli stessi risultati di un’intervista di persona.

L’inserimento di una nuova tecnologia impone di ripensare il processo in ogni attività e la selezione del personale non fa certo eccezione.

Abbiamo quindi parlato di come ovviare con piccoli accorgimenti tecnici a dei gap evidenti tra colloqui in presenza e videocolloqui dove, ad esempio, per il semplice fatto di come è posizionata la telecamera,  si perde il  contatto dello sguardo. In questo articolo e nei prossimi condivideremo invece alcune osservazioni che derivano dall’esperienza diretta dei consulenti di Sinthema accumulata in anni di videointerviste,   arricchita dal contributo di colleghi esperti di selezione  con cui stiamo svolgendo questa ricerca.

In questo articolo affronteremo in problema di un bias cognitivo, l’effetto alone, che può falsare il giudizio sul candidato e che viene amplificato durante i video colloqui. Un bias cognitivo è uno schema di deviazione del giudizio che si verifica in presenza di certi presupposti. In generale questi schemi mentali rappresentano forme di adattamento, scorciatoie, in quanto portano ad azioni più efficaci in determinati contesti, o permettono di prendere decisioni più velocemente quando maggiormente necessario. Sono anche delle trappole però, che bisogna conoscere e tener ben presenti perché la nostra percezione della realtà non risulti falsata

Attenzione agli aloni

L’effetto alone è un bias cognitivo molto noto a chi si occupa di selezione del personale. E’ una trappola della mente che ci porta a fare associazioni sbagliate deviandoci dai dati di realtà.

Un esempio tipico è giudicare intelligente, a prima vista, una persona che si presenta molto curata nell’aspetto. Ma di questo siamo consapevoli, è un bias conosciuto da sempre e che sappiamo padroneggiare per avere il quadro generale del candidato che abbiamo davanti.

Noi,  professionisti della selezione o HR,  fino ad ora, eravamo  abituati al nostro set per i colloqui vis-a-vis: normalmente una  saletta aziendale, ben nota e che quindi non attira la nostra attenzione, così raccoglievamo input esclusivamente dalla persona, dal suo abbigliamento, dalla sua postura senza essere influenzati dall’ambiente circostante.

In una videointervista, invece, spesso l’interlocutore si trova a casa propria.

Sbirceremo un angolo del suo ambiente intimo, magari della cucina o della sua stanza e saremo colpiti da input che nostro malgrado concorreranno alla formulazione del nostro giudizio sulla persona.

Ovviamente il candidato può scegliere di utilizzare uno sfondo virtuale che mostri un bel tramonto alle spalle, ma abbiamo già affrontato il problema dei filtri estetici nell’ articolo precedente, ed il nostro consiglio è di chiedere di non camuffare in alcun modo la videointervista.

Torniamo quindi all’ambiente da cui ci parla il nostro videointerlocutore:

un quadro sullo sfondo?  Ci suggerirà probabilmente  cultura. Una libreria ben fornita? Profondità di pensiero. Ovviamente non sappiamo se è stato il candidato a scegliere quel quadro o se la libreria è stata riempita da lui o dalla moglie, ma questi input ci raggiungeranno comunque a livello subliminale. E se questi aspetti non venissero verificati nel corso dell’intervista? Rimarrebbero delle impressioni sottotraccia in grado di influenzare il nostro giudizio complessivo sulla persona.

Ma di queste insidie ce ne sono molte nei video colloqui, come l’effetto alone generato dalla somiglianza fisica.

L’effetto alone dato dalla somiglianza

E’ un bias che in realtà conoscono tutti: se si incontra una persona che ci ricorda molto qualcun altro, nell’immediatezza della conoscenza tendiamo a trasferire le caratteristiche dell’uno sull’altro. Quindi si prova una simpatia o un’antipatia “a pelle” in base a come consideriamo la persona che già conosciamo. Nella relazione fisica, questo trasferimento di informazioni viene poi ribilanciato da tutta una serie di impressioni che connotano la persona anche per differenza, definendone l’unicità.

“I video colloqui – osserva Sabina Rosso, Head Hunter e Managing Director di About Job – non permettono di cogliere una serie di elementi distintivi della  persona: non la vediamo camminare, la gestualità è ridotta, ovviamente mancano sensazioni olfattive.

C’è meno caratterizzazione individuale e questo fa si che un bias cognitivo come l’effetto alone provocato dalla somiglianza abbia più potere sul nostro giudizio di quello che avrebbe in un colloquio in presenza”

Nelle interviste online sono ovviamente prevalenti i segnali del verbale e non ci sono particolari strategie per ovviare a questo fatto, se non ripensare il processo di selezione essendo ben consapevoli dei gap che bisogna saper colmare

 Il nostro consiglio è di prendere appunti (scritti o mentali) – come già bisognerebbe fare per gli aloni già noti dei colloqui in presenza –  associandoli rapidamente a probabili annebbiamenti nel giudizio. Individuate quindi queste sensazioni e tenetele molto ben presenti nel momento in cui formulerete i vostri giudizi sulla persona, e se già nel corso della conversazione riuscite ad esserne consapevoli, verificate con dati di realtà.

Nell’articolo precedente abbiamo visto che pensare di riprodurre in video, il colloquio di selezione che siamo abituati a fare di persona, è un errore perché aumentano i filtri. Ma ci sono anche dei filtri fondamentali che il video colloquio attenua e questo potrebbe invalidare il processo di selezione: sarà l’oggetto del prossimo articolo, per chi vorrà seguirci.