Il processo di Onboarding: costa poco e rende tanto
Pensate alla seguente situazione: avete consultato centinaia di annunci, avete inviato cv, sostenuto colloqui, atteso risposte con ansia. Avete fatto le domande giuste ed ottenuto proprio quelle risposte che volevate sentirvi dare. Avete preso accordi economici, contrattato il giusto e finalmente avete ottenuto un nuovo lavoro come impiegato
Ne siete entusiasti, non vedete l’ora di iniziare. Puntate la sveglia un’ora prima e vi presentate con tutto il vostro entusiasmo e volontà di imparare, di “spaccare il mondo” nella Vostra nuova azienda.
Ma la situazione non è proprio come pensavate…
- non c’è nessuno che vi introduce al nuovo ambiente di lavoro
- nessuno vi spiega come è organizzato il luogo di lavoro, quali sono i vostri benefici, le vostre chiare responsabilità
- nessuno vi mostra la vostra nuova scrivania
- nessuno si è preoccupato di avvisare del vostro arrivo e quindi vi trovate senza il PC, telefono, ecc.
- non sapete dove sono i bagni
- non sapete cosa sarà esattamente il vostro lavoro e dove trovare il materiale per svolgerlo
- il vostro nuovo capo è fuori ufficio e vi è stato detto che dovete aspettare che rientri per capire le vostre nuove responsabilità perché loro non vogliono prendersi la responsabilità per non sbagliare qualcosa. E lui rientra dopo 5 giorni che avete passato in ufficio seduto davanti a una scrivania vuota…
- anche quando arriva il capo vi spiega a brevi linee cosa sarebbe il vostro compito e lascia che vi arrangiate da soli – dovete capire chi sa che cosa e poi diventare suoi amici per poter estirpare questa informazione e poter fare il vostro lavoro
E adesso rifate tutto il percorso mentale sostituendo “posto di lavoro” con “davanti al pc in cucina” Entro qualche mese è probabile che ricomincerete a consultare annunci, inviare cv ecc ecc
L’onbarding (letteralmente imbarco) è strettamente congiunto al reclutamento e selezione dei nuovi talenti (e può essere utile anche in caso di spostamenti interni). E’ una Best Practice molto importante, non difficile da introdurre ed ha una forte ricaduta sull’immagine aziendale (employer branding), sulla produttività della persona, sulla riduzione degli abbandoni nei primi sei mesi e sul senso di appartenenza. Può essere efficacemente collegata agli MBO di quei dipendenti che saranno coinvolti come tutor o referenti primari del neo inserito. Evita che la pressione dell’inserimento ricada sul solo responsabile diretto. Introduce rapidamente il nuovo assunto nella cultura aziendale e lo aiuta a trovare il senso del suo lavoro.
In pratica un processo di Onboarding ben fatto è molto più semplice da realizzare di quanto sembri, può essere impostato con automatismi che liberano le risorse HR dall’onere di organizzare ogni volta quel minimo di accoglienza e presentazione ai colleghi, attiva diverse leve motivazionali: ad un costo minimo per l’azienda permette di risparmiare costi successivi.
Con semplici questionari somministrati a tutor e alla persona stessa a un mese e a sei mesi dall’inserimento, l’HR può monitorare il successo dell’inserimento e apportare modifiche tempestive.
Anche se non siete un’azienda molto strutturata e generalmente preferite inserire le persone e ragionare sul loro ruolo definitivo successivamente, ci sono sistemi di onboarding flessibili basati sul “tour of duty” che è un processo abilitante di un paio di anni votato all’apprendimento e allo sviluppo.
E con lo smartworking? il senso di appartenenza, l’identificazione con il nuovo datore di lavoro è molto più difficile da ottenere. Se quindi prima potevamo considerare l’onboarding una best practice adottata dalle aziende più evolute per essere più attraenti sul mercato verso i “talenti” che tutti cercano, ora non ne possiamo fare a meno, perché sarà proprio su tante piccole o grandi best practice che si giocherà la guerra per i talenti dei prossimi anni e quindi la possibilità di competere sul mercato.
fonti: "L’alleanza" di Reid Offman ; "HRevoution" di Alessandro Donadio