Benvenuti nell’era della complessità!
Dobbiamo imparare a fare i conti con operazioni poco rassicuranti e prive delle certezze matematiche di un tempo, quando due più due faceva sicuramente quattro e le somme non davano risultati molteplici, imprevedibili, instabili e non-lineari.
Molto più comodo quando funzionavano regole tipo “i diplomati faranno gli impiegati e non gli operai”: oggi queste certezze sono svanite e con esse la possibilità di fare previsioni corrette in ogni ambito.
Ecco quindi che saper governare elementi incontrollabili è la nuova sfida del management in ogni settore: “quando diventa impossibile prevedere il futuro, ciò che conta nella strategia non è prevedere il futuro, ma diventare abbastanza flessibili da far fronte a qualsiasi futuro”
(Cravera Alessandro*)
Difficile? Sicuramente se la possibilità di una nuova stabilità deriva oggi dalla capacità di governare l’instabilità. Sono infatti richieste capacità differenti rispetto a quelle del management tradizionale, caratteristiche dinanzi alle quali ci ritroviamo a dir poco ad essere culturalmente impreparati.
“Fin dalla scuola, infatti, siamo ossessionati dalle risposte giuste – fa notare Alessandro Cravera, collaboratore de IlSole24 – Le risposte giuste sono quelle che ci permettono di diplomarci, di vincere a un quiz televisivo o di essere ammessi all’università”.
Sistema ulteriormente aggravato dalla tecnologia informatica dove il codice binario impone la logica on/off, ovvero giusto/sbagliato perché è l’unica logica che possiede.
Ha senso e si deve cercare la risposta giusta finché i problemi sono complicati (n.b. complicato non è qui sinonimo di complesso) ovvero hanno davvero una soluzione ottimale: un problema complicato
può essere la quadratura di un bilancio, il cubo di Rubik, l’area di una superficie asimmetrica.
Ma quando i problemi sono complessi?
Un problema complesso è una questione in cui le variabili sono interconnesse e quindi presenta molteplici soluzioni il cui funzionamento è limitato da interpretazioni contestualizzate, valide nel “qui ed ora” e non in senso assoluto.
Si pensi a problemi/questioni come l’educazione di un figlio, una strategia commerciale, la formulazione di una legge o la cura di una malattia, vi sembra possibile trovare “la” soluzione ?
In questi casi che utilità avrebbe la ricerca della risposta giusta? Eppure si sprecano i tentativi di ricette infallibili per la soluzione di problemi complessi: i manuali con le 10 regole del venditore perfetto, le 5 chiavi del successo, i 4 gesti del maestro efficace; addirittura c’è chi pensa di risolvere l’obesità con un decotto o la depressione con una pillola.
Con questo non abbiamo certo la presunzione di decretare l’inutilità assoluta di strumenti di questo tipo; affermiamo piuttosto che sarebbe ingenuo affidarsi totalmente ad essi.
La complessità, affrontata con tentativi di logica causa/effetto, giusto/sbagliato, è destabilizzante. Il mondo ha quindi spalancato le braccia a guru del management e life coach che riempiono auditorium di persone che sperano di acquistare ricette per la felicità, per l’autoaffermazione e per il successo in ogni ambito quotidiano.
Perché questo inutile e fuorviante spreco di energie intellettive?
Poiché sin da piccoli siamo abituati (e stiamo continuando ad addestrare le persone a farlo), a cercare un’unica risposta corretta invece di stimolare una molteplicità di soluzioni. I test a risposta multipla (una è esatta, tutte le altre errate) sono utilizzati per selezionare candidati, per le ammissioni all’università ed hanno come risultato un esercito di futuri manager esercitati a selezionare la casella giusta su un pezzo di carta.
“E’ giustissimo, ad esempio – spiega Alessandro Cravera nel suo blog – insegnare ai bambini che 3 per 3 fa 9. Ma è altrettanto giusto allenarli a domande che tendono ad aprire anziché chiudere. Provate a chiedere ad un bambino di seconda elementare, che ha appena finito di studiare le tabelline: “la risposta è 10. Quali sono le domande?” e vedrete il suo smarrimento iniziale. E’ un tipo di problema in cui non si è mai imbattuto perché è abituato ad associare a ogni problema una sola risposta corretta”.
“L’ossessione della risposta giusta – spiega ancora Cravera – a prescindere dalla complessità della situazione da affrontare oltre ad essere sbagliata può essere molto pericolosa. Crea false certezze, rende le proprie posizioni e risposte rigide, generando intolleranza verso possibili alternative”.
In definitiva, abbandonare l’esigenza della risposta giusta, chiedendo invece tutte quelle possibili, dovrebbe essere la nuova questione da porre a collaboratori, studenti e consulenti di ogni tipo, ovvero le risorse intellettuali che abbiamo a disposizione.
Spunti bibliografici:
*Cravera A., Competere nella complessità – Il Management tra ordine e caos, 2009, ETAS Rizzoli
Morin Edgar [1990], Introduzione al pensiero complesso, Sperling & Kupfer, Milano 1993
Bertuglia Cristoforo S; Vaio Franco Non linearità, caos, complessità. Le dinamiche dei sistemi naturali e sociali
Bollati Boringhieri, 2003
Morin Edgar, La testa ben fatta. Riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero, Milano, Cortina Editore, 2000
Gandolfi Alberto Vincere la sfida della complessità. Come evitare le trappole decisionali nei sistemi organizzativi, Franco Angeli, 2008