Le storie che si raccontano ai colloqui di lavoro

Il conte inglese Lord Sandwich era un accanito giocatore di carte. Si dice che fosse talmente preso dal suo vizio da non voler lasciare il tavolo nemmeno per mangiare. Un giorno del 1762 decise di farsi servire l’arrosto di carne, che costituiva la sua cena, non su un piatto ma direttamente tra due fette di pane in modo da non dover interrompere la partita. Era nato il panino, che da quel momento prese il nome dell’eccentrico conte.

Si potrebbe dare la stessa notizia in questo modo:

L’invenzione del panino risale all’anno 1762 ed e’ attribuita a John Montagu, IV conte di Sandwich (1718 – 1792), ammiraglio e diplomatico britannico, appassionato del gioco delle carte e del golf.

Stesso concetto, ma quanta differenza! E qual e’ l’elemento che rende il primo paragrafo tanto piu’ coinvolgente, piu’ facile da ricordare e più efficace? Semplice: ha la forma di una storia. Le storie hanno su di noi un effetto straordinario: ci appassionano, catturano la nostra attenzione, ci fanno immedesimare aggirando la razionalità e, in definitiva, ci piacciono. Gli esseri umani comprendono il mondo dandogli una struttura narrativa. E’ il nostro modo di gestire la complessità, di dare senso alle cose, di semplificarle per renderle piu’ maneggevoli e familiari. Secondo alcuni teorici la nostra stessa identità e’ il frutto delle storie che noi (ci) raccontiamo.

E’ un’idea importante che ha implicazioni in moltissimi ambiti della nostra vita. Le grandi aziende ne hanno preso atto da tempo (come si vede dall’evoluzione dellepubblicità che sempre piu’ raccontano delle microstorie) e anche la politica ne fa largo uso. Ma i principi dello Storytelling possono tornare utilissimi anche a chi cerca lavoro ed essere quell’elemento in piu’ che ci farà notare e ricordare.

favoleUna volta individuato il nostro personal brand infatti lo dovremo comunicare usando i diversi canali a nostra disposizione e, per farlo in modo efficace, e’ bene che gli diamo il piu’ possibile la forma del racconto. La struttura narrativa può essere usata anche nella lettera di presentazione, nel summary del nostro profilo Linkedin, nell’autopresentazione in caso si abbia un blog o un proprio sito, negli interventi che facciamo sui social network. In tutti questi contesti riuscire a collegare le parti del proprio messaggio sotto forma di racconto lo renderà molto più efficace, interessante, facilmente condivisibile e memorizzabile.
Il colloquio di selezione infine e’ forse il momento in cui più di tutti dovremmo dare prova di saper raccontare bene la nostra storia per fare una buona impressione sull’interlocutore. Giustapporre le proprie esperienze, farne un elenco analitico corredato di competenze e conoscenze maturate può essere esaustivo ma non coinvolge, non colpisce. Bisogna riuscire a evidenziare i legami tra gli eventi, il percorso che abbiamo fatto e, in sostanza, fare emergere una trama. Raccontando la tua storia, al posto di dire “sono bravo a fare questo” stai dicendo “ti racconto quello che ho fatto e i risultati ottenuti”. Non bisogna per forza essere dei Foster Wallace per raccontare bene una storia, ci sono degli accorgimenti tecnici che possono farci migliorare molto se praticati correttamente. Vediamone alcuni:

  1. Per prima cosa bisogna definire gli obiettivi, chiarire il messaggio che si vuole comunicare e sapere a chi ci si rivolge. Questi elementi sono una sorta di precondizioni, dopodiché si può pensare a come organizzare la propria storia.
  2. La struttura: ogni racconto è un viaggio verso il cambiamento. Per citare uno dei massimi studiosi della materia: “In ogni buona storia, l’eroe cresce e cambia, compiendo un cammino da un modo di essere all’altro: dalla disperazione alla speranza, dalla debolezza alla forza, dalla follia alla saggezza, dall’amore all’odio e viceversa. Sono questi percorsi emozionali che avvincono gli spettatori e che rendono la storia interessante.” (Christopher Volger)
  3. È importante che il racconto tratti temi che sono familiari al lettore che siano in qualche modo connessi con lui. Se chi legge trova la storia distante o complicata sarà meno coinvolto. Per questo sono anche da prediligere anche le storie semplici rispetto a quelle complesse.
  4. Evitare per quanto possibile le frasi fatte, i luoghi comuni e tutte le formule troppo utilizzate o di moda. Sono elementi che progressivamente perdono il loro valore evocativo e finiscono per non suscitare nessun interesse e dare una sensazione di banalità (assolutamente da rivedere in proposito il famoso episodio di Paolmbella Rossa in cui Nanni Moretti se la prende con l’intervistatrice che parla di “trend negativo”).
  5. Rispettare la regola del “show don’t tell”. E’ molto più efficace far emergere un tratto del personaggio mostrando una certa azione piuttosto che dicendo direttamente. Un esempio dal Giovane Holden: “Suo figlio era indiscutibilmente il più emerito bastardo che fosse mai stato a Pencey in tutta la sporca storia dell’istituto. Dopo che aveva fatto la doccia, se ne andava sempre in giro per i corridoi sbattendo l’asciugamano bagnato fradicio sul sedere della gente. Ecco per la precisione che tipo era.” (Salinger… perché non hai pubblicato di più?)

articolo di Massimo Dall’Olio