C’è un problema migliore da risolvere

Sappiamo tutti che il problem solving è una delle competenze manageriali più richieste ed importanti. Molti degli strumenti di analisi esistenti (Triz, Six Sigma, Scrum e altri), però,  tendono a sovraelaborare il processo di diagnosi e quindi sono troppo complessi per le decisioni giornaliere.

Altri strumenti di diagnosi dei problemi (es. root cause analysis) consentono di andare sempre più a fondo nella complessità del problema, ma non si pongono una domanda fondamentale: e se fosse il problema ad essere sbagliato?

IL PROBLEMA DELL’ASCENSORE

Immaginate una cosa di questo tipo: siete i proprietari di un edificio adibito ad uffici ed i vostri affittuari si stanno lamentando dell’ascensore. E’ vecchio e lento ed i tempi di attesa sono lunghi. Quando gli viene chiesto di farlo, la maggior parte delle persone identifica rapidamente alcune soluzioni: sostituire l’ascensore, installare un motore più potente, aggiungere un secondo ascensore. Questi suggerimenti ricadono su un unico spazio di soluzione, ovvero sono una serie di soluzioni che condividono il presupposto che il problema sta nella lentezza dell’ascensore.

Ma proviamo ad essere creativi e a dare un “reframe”, una nuova cornice, al problema.

L’ascensore è troppo lento significa, in realtà, che l’attesa è fastidiosa.

Proviamo ad intervenire sull’attesa invece che sull’ascensore.

Questa è stata l’idea di alcuni amministratori di condominio a cui è stato presentato il

problema e che hanno proposto, come soluzione, di mettere degli specchi vicino all’ascensore. Questa semplice idea si è dimostrata splendidamente efficace nel ridurre le lamentele, perché le persone tendono a perdere la nozione del tempo quando viene dato loro qualcosa di affascinante da guardare:  nello specifico loro stessi.

LE SETTE PRATICHE PER UN REFRAMING EFFICACE

La soluzione dello specchio è particolarmente interessante perché, in realtà, non è una soluzione al problema dichiarato: non rende più veloce l’ascensore. Propone invece una diversa comprensione del problema. Il framing iniziale del problema, ovvero la lentezza dell’ascensore, non era un problema sbagliato ed il punto del “reframing” non è trovare il “vero” problema ma, piuttosto, capire se c’è un problema migliore da risolvere.

Di seguito trovate come familiarizzare con questo metodo e applicarlo in 30 minuti

  • Stabilire la legittimità: il primo compito sarà quello di trasmettere questo metodo ai colleghi con cui dovrete dibattere il problema. Visto che per decenni ha imperato lo slogan “non concentriamoci sui problemi, ma sulle soluzioni” potrà suonare un po’ strano che voi vogliate invece dedicare del tempo a “reinquadrare” il problema. Un consiglio ? raccontate l’esempio dell’ascensore
  • Coinvolgete nella discussione persone esterne: molte ricerche hanno dimostrato che gli input più preziosi tendono a provenire da persone che comprendono la nostra realtà pur non facendone del tutto parte. Scegliete qualcuno che parli in modo libero, ovvero che non tema il giudizio dei presenti ne che si senta messo alla prova. Attendetevi input, non soluzioni. Il compito delle persone esterne infatti, non è quello di reinquadrare il problema, ma di mettere in discussione il pensiero del gruppo, che – a sua volta – deve sapere cogliere gli input ed elaborarli.
  • Chiedete alle persone del gruppo di mettere per iscritto la loro definizione del problema e condividetele su una lavagna senza attribuirle all’autore, per essere sicuri che il giudizio dei partecipanti su una definizione non sia influenzato dall’identità o dallo status di chi l’ha proposta. Commentando insieme le diverse visioni dello stesso problema si inquadrerà sempre meglio la questione ed i primi spunti di reframing potranno venire proprio da li.
  • Chiedete cosa manca. Di fronte alla descrizione del problema capita spesso che le persone tendano a concentrarsi sui dettagli di quanto è stato detto, prestando meno attenzione a quello che potrebbe essere rimasto fuori dalla descrizione. Stimolateli a vedere le cose un po’ più dall’alto.
  • Considerate una molteplicità di tipologie. Un cambiamento significativo può derivare dalla trasformazione del modo in cui le persone percepiscono un problema. Per innescare questo cambio di paradigma possiamo invitare le persone a identificare in modo specifico quale tipologia di problema pensano che il gruppo stia affrontando. E’ un problema di incentivo? Un problema di aspettativa? Un problema di atteggiamento? E suggerite altre categorie.
  • Analizzate le eccezioni positive. Per trovare modi ulteriori di inquadramento del problema, cercate situazioni in cui il problema non si è verificato e chiedetevi cosa ci fosse di diverso.
  • Mettete in discussione l’obiettivo. Nel classico della negoziazione “Getting to yes” (Roger Fisher, William L. Ury e Bruce Patton) si racconta la storia di Mary Parker Follet, una delle prime studiose di management, su due persone che litigano sul fatto di tenere una finestra aperta o chiusa. Viene fuori che gli obiettivi reconditi dei due sono differenti: uno vuole aria fresca, l’altro non vuole spifferi. Solo quando questi due obiettivi nascosti vengono palesati grazie alle domande di una terza persona il problema viene risolto aprendo una finestra nella stanza accanto. Questa storia sottolinea un altro modo per reinquadrare un problema: prestare un’attenzione esplicita agli obiettivi delle parti coinvolte, prima chiarendoli, poi mettendoli in discussione.

 

Per quanto il reframing possa essere potente, per diventare bravi nel praticarlo occorrono tempo e allenamento. E’ difficile reinquadrare i problemi, richiede tecnica e creatività, metodo e caos. E non dimenticate il mondo reale. Il reframing, come ogni metodo di analisi, viene limitato dalla conoscenza e dai punti di vista delle persone presenti ed è “fatale pensare di poter concepire tutto rimanendo all’interno della comfort zone del vostro ufficio” (Steve Blank di Stanford).

Quindi la prossima volta che vi trovate ad affrontare un problema (domani?) iniziate reinquadrandolo, ma non aspettate molto per uscire dall’ufficio per osservare le persone coinvolte e farvi un prototipo della vostra idea. La questione non è limitarsi a pensare o limitarsi a sperimentare: occorre fare entrambe le cose, e questa è la chiave per ottenere risultati migliori.

 

Tratto da un articolo di Thomas Wedell Wedellsborg, Harvard Business Review – 1/2 2017